65° Fanteria Valtellina
CENNI STORICI
CENNI STORICI SUL 65° FANTERIA VALTELLINA
Il 65° Fanteria Valtellina combatté nel corso della prima guerra mondiale nella zona del Lisert in località San Giovanni di Duino. La zona fu teatro di uno dei più cruenti fatti d’arme della Prima Guerra Mondiale con l’annientamento di un intero reggimento.
Reparto che ha avuto nel corso della sua storia, durante la seconda guerra mondiale, anche la denominazione “Trieste”.
La nascita del Valtellina risale al 1862 in attuazione del decreto del 29 giugno vengono formati, sulle Lande di S. Maurizio (Torino), il 65° ed il 66° Reggimento che danno vita alla Brigata “Valtellina”.
Reparto che ha avuto nel corso della sua storia, durante la seconda guerra mondiale, anche la denominazione “Trieste”.
La nascita del Valtellina risale al 1862 in attuazione del decreto del 29 giugno vengono formati, sulle Lande di S. Maurizio (Torino), il 65° ed il 66° Reggimento che danno vita alla Brigata “Valtellina”.
PRIMA GUERRA MONDIALE
Allo scoppio della guerra la brigata si trova già in zona operazioni, il 24 maggio 1915 occupa senza resistenza la dorsale del monte Korada, schierandosi poi nel settore di Kambresko tra Canale e Bodrez.
La Valtellina partecipa alla 1° battaglia dell’Isonzo attaccando la testa di ponte nemica davanti a Tolmino: dopo una settimana di combattimenti riesce al 66° di occupare una trincea austriaca sul Santa Maria. Ripresa l’offensiva a metà agosto, i reggimenti della Brigata avanzano più volte sino ai reticolati nemici senza trovare varchi per passare; ogni tentativo è ricacciato dal pronto intervento delle riserve avversarie.
Durante la 3° e 4° battaglia dell’Isonzo, la Valtellina rinnova gli sforzi per la conquista del Santa Maria trovando difese nemiche vigili e reattive, così che la Brigata subisce pesanti perdite in soldati e ufficiali.
Tra la 5° e 11° battaglia dell’Isonzo il Valtellina viene impiegato nel settore delle Giudicarie, nel 1916 opera nel basso Isonzo. Il 2 novembre entra in linea per proseguire gli attacchi alla quota 208 sud; le posizioni nemiche vengono conquistate e mantenute anche contro ritorni offensivi dell’avversario. A metà gennaio del 1917 la Brigata torna in Trentino nel settore del Pasubio.
In vista della 11° battaglia dell’Isonzo la Valtellina ritorna in Carso, dove si schiera nel settore Selo – Stari Lovka; iniziatasi la grande battaglia, il 65° riesce ad occupare una importante posizione nemica facendo prigionieri.
Nel settembre 1917 a pochi giorni dalla conclusione dell’undicesima “Battaglia dell’Isonzo” l’ultima delle battaglie che nell’arco di due anni, a prezzo di alcune centinaia di migliaia di caduti, aveva fatto guadagnare agli Italiani una manciata di chilometri, tanto che il fronte, partito due anni prima da Grado, era adesso arrivato appena ai contrafforti dell’Hermada.
Nel settore di Flondar si riaccende la battaglia con gli austro-ungarici che scatenano nella notte tra il 3 e 4 settembre un infernale bombardamento d’artiglieria. Il nemico lancia un poderoso attacco particolarmente violento contro un tratto di fronte lungo le paludi del Lisert, da quota 145 sud fino al al mare, linea coperta dal 65° Fanteria.
Il Reggimento di fanteria della Brigata Valtellina ha appena occupato quelle posizioni, al termine di pochi giorni di riposo trascorsi a Vermegliano.
Il reparto viene sopraffatto e quasi distrutto, gli uomini si proteggono in un rifugio sicuro ed invulnerabile: uno dei due tunnel ferroviari, ricordato nel diario del Reggimento come “galleria di Lokavac”, che in precedenza gli austro-ungarici avevano sapientemente adattato.
Alle 4:50 del mattino cessa il fuoco pesante d’artiglieria, ma anziché scatenare subito l’attacco, l’artiglieria austro-ungarica continua a bombardare le trincee delle prime linee; e quindi i soldati italiani se ne restano al sicuro nella galleria. Alle 5:40 cessa il bombardamento, ed immediatamente le unità austro-ungariche avanzano verso le linee italiane. Un reparto austriaco arriva fino all’imbocco del tunnel e lancia delle bombe a mano.
Le casse di munizioni che erano state depositate proprio in prossimità dell’ingresso: esplodono, e coinvolgono nell’esplosione dei serbatoi di lanciafiamme custoditi a fianco. Nell’arco di pochissimo tempo si sviluppa un incendio furioso ed incontrollabile: il fumo invade tutto il tunnel, asfissiando gli occupanti, e solo pochissimi riescono a mettersi in salvo. L’incendio prosegue per ben due giorni, consumando e calcinando tutto all’interno.
Una la lapide che li commemora ricorda che caddero “centinaia” di fanti assieme al loro comandante, il colonnello Giovanni Piovano. Tra le scritte incise è possibile leggere questa triste frase: “QUI’ IL 65° REGGIMENTO PERDETTE IL 70 PER CENTO DEI SVOI FANTI”.
La Valtellina partecipa alla 1° battaglia dell’Isonzo attaccando la testa di ponte nemica davanti a Tolmino: dopo una settimana di combattimenti riesce al 66° di occupare una trincea austriaca sul Santa Maria. Ripresa l’offensiva a metà agosto, i reggimenti della Brigata avanzano più volte sino ai reticolati nemici senza trovare varchi per passare; ogni tentativo è ricacciato dal pronto intervento delle riserve avversarie.
Durante la 3° e 4° battaglia dell’Isonzo, la Valtellina rinnova gli sforzi per la conquista del Santa Maria trovando difese nemiche vigili e reattive, così che la Brigata subisce pesanti perdite in soldati e ufficiali.
Tra la 5° e 11° battaglia dell’Isonzo il Valtellina viene impiegato nel settore delle Giudicarie, nel 1916 opera nel basso Isonzo. Il 2 novembre entra in linea per proseguire gli attacchi alla quota 208 sud; le posizioni nemiche vengono conquistate e mantenute anche contro ritorni offensivi dell’avversario. A metà gennaio del 1917 la Brigata torna in Trentino nel settore del Pasubio.
In vista della 11° battaglia dell’Isonzo la Valtellina ritorna in Carso, dove si schiera nel settore Selo – Stari Lovka; iniziatasi la grande battaglia, il 65° riesce ad occupare una importante posizione nemica facendo prigionieri.
Nel settembre 1917 a pochi giorni dalla conclusione dell’undicesima “Battaglia dell’Isonzo” l’ultima delle battaglie che nell’arco di due anni, a prezzo di alcune centinaia di migliaia di caduti, aveva fatto guadagnare agli Italiani una manciata di chilometri, tanto che il fronte, partito due anni prima da Grado, era adesso arrivato appena ai contrafforti dell’Hermada.
Nel settore di Flondar si riaccende la battaglia con gli austro-ungarici che scatenano nella notte tra il 3 e 4 settembre un infernale bombardamento d’artiglieria. Il nemico lancia un poderoso attacco particolarmente violento contro un tratto di fronte lungo le paludi del Lisert, da quota 145 sud fino al al mare, linea coperta dal 65° Fanteria.
Il Reggimento di fanteria della Brigata Valtellina ha appena occupato quelle posizioni, al termine di pochi giorni di riposo trascorsi a Vermegliano.
Il reparto viene sopraffatto e quasi distrutto, gli uomini si proteggono in un rifugio sicuro ed invulnerabile: uno dei due tunnel ferroviari, ricordato nel diario del Reggimento come “galleria di Lokavac”, che in precedenza gli austro-ungarici avevano sapientemente adattato.
Alle 4:50 del mattino cessa il fuoco pesante d’artiglieria, ma anziché scatenare subito l’attacco, l’artiglieria austro-ungarica continua a bombardare le trincee delle prime linee; e quindi i soldati italiani se ne restano al sicuro nella galleria. Alle 5:40 cessa il bombardamento, ed immediatamente le unità austro-ungariche avanzano verso le linee italiane. Un reparto austriaco arriva fino all’imbocco del tunnel e lancia delle bombe a mano.
Le casse di munizioni che erano state depositate proprio in prossimità dell’ingresso: esplodono, e coinvolgono nell’esplosione dei serbatoi di lanciafiamme custoditi a fianco. Nell’arco di pochissimo tempo si sviluppa un incendio furioso ed incontrollabile: il fumo invade tutto il tunnel, asfissiando gli occupanti, e solo pochissimi riescono a mettersi in salvo. L’incendio prosegue per ben due giorni, consumando e calcinando tutto all’interno.
Una la lapide che li commemora ricorda che caddero “centinaia” di fanti assieme al loro comandante, il colonnello Giovanni Piovano. Tra le scritte incise è possibile leggere questa triste frase: “QUI’ IL 65° REGGIMENTO PERDETTE IL 70 PER CENTO DEI SVOI FANTI”.
Successivamente il 10 settembre la Valtellina riparte per il Trentino, ed il giorno 30 si schiera in Val d’Ampola alle dipendenze della 6° divisione. Nei primi mesi del 1918 la Brigata opera turni in trincea e a riposo tra Darfo e Bagolino, poi a metà settembre viene trasferita nei pressi di Vicenza, in ottobre occupa posizioni in Altipiano d’Asiago tra Sculazzon e Punta Corbin.
Lo svolgersi della Battaglia di Vittorio Veneto tra il Grappa ed il Piave, provoca lo sgretolamento del fronte nemico anche nel settore degli Altipiani, la Brigata Valtellina attacca lungo la Val d’Astico pressando il nemico da vicino sino all’armistizio del 4 novembre 1918.
Lo svolgersi della Battaglia di Vittorio Veneto tra il Grappa ed il Piave, provoca lo sgretolamento del fronte nemico anche nel settore degli Altipiani, la Brigata Valtellina attacca lungo la Val d’Astico pressando il nemico da vicino sino all’armistizio del 4 novembre 1918.
SECONDA GUERRA MONDIALE
Con l’attuazione della legge 11 marzo 1926 sull’ordinamento dell’esercito, diviene 65° Reggimento Fanteria “Valtellina” ed a seguito della formazione delle Brigate su tre reggimenti viene assegnato alla VIII Brigata di Fanteria.
Prende parte al conflitto in Etiopia nel 1935-36 fornendo a reggimenti e reparti vari mobilitati 10 ufficiali e 953 soldati. Nel gennaio 1936 diviene 65° Reggimento Fanteria Motorizzato “Valtellina” su tre battaglioni ed è inquadrato nella Divisione Motorizzata “Po”. Il 4 aprile 1939 prende il nome di 65° Reggimento Fanteria “Trieste”, in occasione del cambio di denominazione della grande unità da cui dipende in Divisione Motorizzata “Trieste” (101a).
Prende parte al conflitto in Etiopia nel 1935-36 fornendo a reggimenti e reparti vari mobilitati 10 ufficiali e 953 soldati. Nel gennaio 1936 diviene 65° Reggimento Fanteria Motorizzato “Valtellina” su tre battaglioni ed è inquadrato nella Divisione Motorizzata “Po”. Il 4 aprile 1939 prende il nome di 65° Reggimento Fanteria “Trieste”, in occasione del cambio di denominazione della grande unità da cui dipende in Divisione Motorizzata “Trieste” (101a).
Nel giugno 1940 il reggimento risulta schierato sul fronte alpino occidentale, successivamente nel 1941 viene inviato nelle zone di operazioni dell’Africa Settentrionale. Il 26 novembre 1942 a causa delle notevoli perdite riportate in combattimento, il reggimento resta formato dal I battaglione “Trieste” su 4 compagnie dal II battaglione “Bologna” su 5 compagnie (costituito con reparti della Divisione “Bologna”) e dal III battaglione “Trento” su 3 compagnie (costituito con reparti della Divisione “Trento”). Nel maggio 1943 , in Tunisia, dopo strenui combattimenti a Mareth, Akarit, Enfidaville e Takrouma, il Reggimento viene sciolto per eventi bellici.
Durante la battaglia di Takrouna, il 1° Battaglione al comando del Capitano Mario Politi (al quale è intitolata la Sezione Provinciale di Forlì dell’Associazione Nazionale del Fante) , si copre di gloria tenendo in scacco una divisione nemica per diversi giorni e cedendo soltanto dopo aver terminato le munizioni, meritando così la Medaglia d’Oro al Valore Militare.
Bibliografia: Wikipedia | storiaememoriadibologna.it | esercito.difesa.it | storia militare
