Eroi con la Cravatta Rossa
CENNI STORICI
Migliaia di uomini hanno fatto parte della Brigata Re (1° e 2° Fanteria) alcuni sono stati insigniti di riconoscimenti e medaglie. Poco meno di 10.000 uomini sono stati i feriti, dispersi o morti. 671 sono stati i Fanti della Brigata Re insigniti da una medaglia per le loro azioni sul campo di battaglia: il 1° Reggimento Fanteria con il Sottotenente Ugo Bartolomei è stato insignito di medaglia d’oro e altre 366 medaglie d’argento e di bronzo ad altri militari.
Deceduti:
• Ufficiali n. 101
• Sottufficiali e Truppa n. 2.830
Feriti o dispersi:
• Ufficiali n. 161
• Sottufficiali e Truppa n. 5.027
Cravatte Rosse 1° reggimento Fanteria RE
durante la Grande Guerra
UGO BARTOLOMEI
Ugo Bartolomei nato a Roma, il 27 ottobre 1899 e morto ad Alano di Piave, il 29 ottobre 1918 . Chiamato alle armi con i ragazzi del ’99, Ugo Bartolomei, romano, prese parte alla Prima guerra mondiale come sottotenente del 1º Reggimento Fanteria. Morì nella battaglia della Conca di Alano nell’ottobre del 1918 nel tentativo di attirare su di sé l’attenzione del nemico per difendere un gruppo di altri suoi compagni in difficoltà. Per questa azione eroica venne decorato con la medaglia d’oro al valor militare.
Motivazione della Medaglia d'Oro al Valor Militare
«Entusiasta della nostra guerra, fiducioso negli alti destini della patria, primo tra i primi, trascinò con impareggiabile valore il suo plotone alla conquista di un’importante e forte posizione, raggiungendola in un solo balzo e battendone le solide difese avversarie. Nel momento assai critico in cui la sua compagnia era quasi completamente accerchiata dal nemico soverchiante, con generoso slancio e con fulgido coraggio alla testa di pochi uomini, affrontando sicura morte volle attirare su di sé le forze avversarie, gettandosi con irresistibile impeto contro di esse e tenendole impegnate. Gravemente ferito, rinunciò ad ogni aiuto e continuò a combattere eroicamente, infondendo con le parole e con l’esempio fede e resistenza nei difendenti e vicino a morire, in un supremo scatto di energia e di entusiasmo, trovò ancora la forza di gridare le sue parole incitatrici: “Avanti ragazzi, avanti per l’Italia nostra, coraggio!”»
Conca di Alano, 24 – 31 ottobre 1918
GUIDO SLATAPER
Guido Slataper (Trieste, 28 ottobre 1897 – Trieste, 4 ottobre 1969), nacque a Trieste, fratello di Scipio. Con l’entrata in guerra del Regno d’Italia, il 24 maggio 1915, si arruolò volontario nel Regio Esercito insieme al fratello. Ottenuta la nomina a sottotenente di complemento presso il 1º Reggimento “Re” ,i due fratelli combatterono sul Monte Podgora rimanendo entrambi gravemente feriti. Scipio perse le vita mentre egli sopravvisse, e per il loro eroico comportamento i due fratelli furono entrambi decorati con la Medaglia d’argento al valor militare.
Ritornato ben presto al fronte combatte valorosamente a Salcano (1916), distinguendosi successivamente nella conquista del Monte Santo (14 maggio 1917), conquistando una seconda Medaglia d’argento al valor militare, successivamente commutata in Medaglia d’oro al valor militare. Tra il 12 maggio e il 5 giugno 1917 combattè inquadrato come Tenente in servizio permanete effettivo nel 230°Reggimento Fanteria della Brigata fanteria “Campobasso” e prese il comando del III Battaglione, fu fatto prigioniero in una azione di combattimento.
Rientrato in Italia dopo la fine della guerra, nel 1935 partì volontario per la guerra d’Etiopia con il grado di capitano. Sul fronte dell’Ogaden si distinse nuovamente meritandosi la Croce di guerra al valor militare e la promozione a maggiore per meriti eccezionali. Il 7 agosto 1938 fu promosso al grado di tenente colonnello per merito di guerra.
Nel 1949 fondò a Trieste la “Federazione Grigioverde”, un sodalizio che riuniva l’azione delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma presenti in città, contribuendo a conservare l’attaccamento della città alla Patria Italiana. Si spense a Trieste il 4 ottobre 1969.
SCIPIO SLATAPER
Scipio Slataper (Trieste 1888 – Monte Calvario, Gorizia1915) fu uno scrittore triestino e volontario irredento durante la Grande Guerra. Nato nella città giuliana, all’epoca importante porto e centro commerciale dell’Impero d’Austria-Ungheria, si trasferì da ragazzo a Firenze dove si laureò in Lettere e collaborò con la rivista culturale “La Voce”. Nel 1912 fu pubblicata la sua celebre opera “Il mio Carso” in cui l’autore, con frequenti riferimenti autobiografici, descrive la cultura della sua terra e ragiona sull’irredentismo, movimento che lo coinvolge in prima persona.
Dopo aver vissuto due anni in Germania, nel 1914 tornò in Italia sostenendo con forza l’entrata in guerra contro l’impero asburgico. Allo scoppio della Prima guerra mondiale si arruolò volontario, come molti altri triestini, insieme col fratello Guido nel Regio esercito italiano, raggiungendo il grado di sottotenente di fanteria nel 1º Reggimento “Re”. Durante la Quarta Battaglia dell’Isonzo venne ferito a morte sul Monte Calvario per il suo sacrificio gli fu concessa la medaglia d’argento al valor militare alla memoria.
ANTONIO BERGAMAS
Antonio Bergamas (Gradisca d’Isonzo 1891 – Tonezza del Cimone 1916) fu un militare volontario irredento durante la Grande Guerra. Nato a Gradisca d’Isonzo da una famiglia di sentimenti italiani, si trasferì da bambino a Trieste e poi a Capodistria dove frequentò le Scuole Magistrali.
Il 3 ottobre 1914 varcò la frontiera a Cormons trasferendosi prima a Roma e poi a Venezia. Protagonista in alcune manifestazioni interventiste, Bergamas scelse di arruolarsi come fante nella Brigata Re nel maggio del 1915.
Nell’estate dello stesso anno partecipò ad un concorso a Cormons per essere ammesso alla Scuola Militare di Modena ma venne respinto per aver scritto un tema ritenuto dagli esaminatori troppo ironico e sovversivo. Data però la penuria di ufficiali dell’esercito italiano, nei mesi successivi riuscì comunque a partecipare al corso diventando sottotenente della Brigata Barletta con cui combatté sul Monte Sei Busi e nella zona di Castelnuovo.
Nel maggio del 1916 l’Austria-Ungheria scatenò la Strafexpedition ed il suo reparto venne inviato sul Monte Cimone, sull’Altopiano di Asiago. Alle 8 del mattino del 18 giugno 1916, assieme al suo plotone di zappatori, Bergamas fu mandato all’assalto delle postazioni austro-ungariche ma una sventagliata partita da una mitragliatrice lo colpì a morte. Sepolto dai suoi commilitoni in zona, il suo corpo non venne mai ritrovato.
Simbolicamente però, il suo corpo si trova all’Altare della Patria: nel 1921 infatti la madre di Antonio, Maria,Bergamas fu eletta a rappresentante di tutte le madri dei soldati dispersi nella Grande Guerra per scegliere il feretro del Milite Ignoto che dal Cimitero degli Eroi di Aquileia fu poi deposto all’interno del Vittoriano, a Roma.
EMO TARABOCHIA
Emo Tarabochia, nato a Trieste nel 1874, fu consigliere comunale di Trieste, vicepresidente della Società Operaia e uno degli esponenti più attivi del partito liberale-nazionale italiano.
Eroe caduto in battaglia, figlio di Guglielmo, il quale, nato a Lussinpiccolo da cospicua e patriot¬tica famiglia, s’era da giovane trasferito a Trieste, già in quei tempi il maggior centro commerciale marittimo dell’Adriatico.
Alla morte, del padre, il figlio Emo nato a Trieste il 28 novembre 1874, compiuto il liceo e gli studi commerciali superiori, assunse la direzione dell’importante e reputata Azienda marittima patema.
Emo Tarabochia era patriota fervido e d’avanguardia, tutto dedito alla causa nazionale, che servì, con grande passione e tal¬volta con grave rischio personale, in cimenti pericolosi, in cospicui sodalizi e in importanti uffici pubblici.
Suonata la diana della riscossa nazionale, fu tra i primi a varcare il confine e ad arruolarsi nell’esercito nazionale, malgrado fosse innanzi negli anni e soffrisse di disturbi cardiaci.
Senza attendere il grado d’ufficiale che gli apparteneva per tì¬toli di cultura, s’arruolò come semplice fante nel 2° Reggimento Fanteria Brigata Re.
Ardimentoso, accorse alla prima chiamata di una azione difficile e pericolosissima, quale quella della distruzione dei reticolati nemici mediante collocamento di tubi di ferro, carichi di gelatilna : egli fu cosi uno tra i primi eroi del manipolo glorioso dei sessanta volontari irredenti, i quali vollero col battesimo dal proprio sangue consacrare là sul Podgora e dinanzi alla santa Gorizia il profondo senso di solidarietà nazionale degli irredenti e il vindice diritto d’Italia sulle cinque provincìe italiane soggette allo straniero.
Caduto il comandante della compagnia, egli ne assunse il comando, e, alla testa dei soldati superstiti, dell’ecatombe micidiale in un assalto garibaldino e tra gli inni carducciani e le parole alte e sante di fede e d’incitamento all’avanzata del piccolo drappello sacrato alla morte, caddgj, cadde colpito in fronte da proiettile austriaco, il 19 luglio 1915 sul ciglio della trincea nemica, con su le labbra, il fatìdico grido di “Viva l’Italia !”
Motivazione della Medaglia d'Argento al Valor Militare
PIO RIEGO GAMBINI
Pio Riego Gambini nel maggio del 1915 di Mestre, che veniva inquadrato a Udine nel 2° Reggimento Fanteria della Brigata Re. Poche settimane dopo era già in linea sulle balze tormentate del monte Calvario, nei pressi di Gorizia.
Allo scoppio delle ostilità, Pio Riego Gambini si arruolò si arruolava quale semplice fante nel Battaglione di volontari Giuliani e venne inquadrato nel 2° reggimento di fanteria (brg. Re) e il 29 giugno lasciava Udine per il fronte. Si trovò coinvolto nel settore del Podgora, particolarmente conteso nel corso della seconda battaglia dell’Isonzo, in un’area trasformata in un dedalo di trincee scavate nel terreno arenaceo.
Cinquanta volontari giuliani (su centoquattordici che si erano presentati) inquadrati nelle brigate Re (1° e 2° reggimento di fanteria) furono scelti per formare un plotone con il compito di eliminare i reticolati austro-ungarici.
Il 19 luglio 1915, nel corso dei furiosi combattimenti, si offrì per svolgere un’operazione delicata, cioè la costituzione di un manipolo a protezione del reparto del genio che avrebbe sistemato una decina di tubi di ferro carichi di gelatina sotto i reticolati degli avversari.
Fu così che dalle fangose trincee, il 19 luglio 1915, i fanti del Battaglione volontari Giuliani, truppe meravigliose ed altamente motivate,scattavano alla conquista di quota 240 del Calvario, potentemente trincerata e difesa.
Temerario, Pio Riego Gambini Si lanciò tra i primi nei varchi dei reticolati nemici e, seppur ferito una prima volta, continuò la sua azione incitando o commilitoni, sino a quando, giunto nella trincea avversaria, veniva nuovamente colpito, mortalmente, dall’impietoso fuoco nemico.
In quella tragica giornata di morte e di gloria, i volontari Giuliani pagarono un elevatissimo tributo di sangue in quanto, constatata l’impossibilità di proseguire, il comando ordinava il ripiegamento e risultavano incolumi soltanto 7 volontari su 49 che avevano partecipato all’attacco.
Il corpo di Pio Riego non veniva più recuperato e quindi possiamo considerare quale sua tomba le pendici insanguinate del monte Calvario.
Motivazione della Medaglia d'Argento al Valor Militare
“Volontario irredento, pieno d’entusiasmo nell’attacco di forte posizione nemica, arditamente superò, fra i primi, le trincee nemiche. Ferito al collo, continuò a combattere e ad incoraggiare i compagni nel persistere nella lotta, fino a che venne nuovamente colpito a morte.”
GIULIO CAMBER BARNI
Giulio Camber Barni (Trieste, 23 dicembre 1891 – Liubovna, 24 novembre 1941)Nato in una famiglia originaria della Dalmazia, Camber compie a Trieste gli studi primari e secondari e frequenta, quindi, l’Università di Vienna, nella facoltà di giurisprudenza e filosofia.
Allo scoppio della prima guerra mondiale chiamato alle armi nell’esercito austriaco diserta e fugge in Italia, dove incontra l’amico Enrico Elia, con il quale si arruola volontario nel 2° reggimento fanteria di stanza a Udine assumendo il cognome di Barni.
Ferito due volte, ottiene la croce di guerra, una medaglia d’argento (Oslavia, 3 novembre 1915) e una di bronzo (Soupir, Francia, 4 ottobre 1918) al valor militare. Alla fine della guerra si trova a Trieste come ufficiale addetto alla propaganda della III Armata.
Dopo il congedo si reca a Napoli dove si laurea in legge e poi, tornato nella sua città, esercita la professione di avvocato. Pur potendo rivendicare un’invalidità derivata dalla guerra (la bocca lesionata dai gas) Camber rifiuta la tessera di mutilato; nel campo dei reduci egli porta il suo contributo all’Associazione Combattenti e alla Compagnia Volontari Giuliani e Dalmati.
Collabora al giornale repubblicano “L’Emancipazione” nel quale pubblica in 12 puntate, tra il 1920 e il 1921, le sue poesie di guerra con il titolo La Buffa (“la fanteria l’è buffa …”) che nel 1935 vengono raccolte in volume da Virgilio Giotti; poesie esemplari, come ha scritto Giani Stuparich “d’un epica sbocciata spontaneamente dalle trincee, da mettersi vicino ai più bei canti dei soldati” del primo conflitto mondiale.
A causa di ruggini politiche tra il mondo degli ex combattenti e il prefetto di Trieste Carlo Tiengo, la raccolta viene prontamente sequestrata.
Nel 1938 Camber viene richiamato alle armi per un corso di aggiornamento che lo vede promosso da capitano a maggiore.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale viene inviato quale giudice al tribunale militare dell’VIII Armata, a Bologna. Egli, però, si trova a disagio nel dover giudicare dei soldati e chiede di esser mandato al fronte.
Di stanza in Albania con le divisioni Pinerolo e Ferrara diventa, poi, comandante del VI Battaglione Guardia alla Frontiera (4° settore) di Korcia dove muore per le conseguenze di una caduta da cavallo.
UMBERTO GASPARDIS
Umberto Gaspardis di Luigi e di Vittoria Pertoldi (Trieste, 1890/03/04-Monte Podgora, 6 luglio 1915).
Di professione maestro comunale fece parte della gioventù mazziniana di Trieste. Arruolatosi volontario nel 2° Reggimento Fanteria a Udine il 23 giugno 1915.
Il 29 giugno fu inviato sul Podgora dove morì il 6 luglio 1915 durante un combattimento. Croce al merito di guerra.
OTTAVIO CAIAZZO
