I luoghi e i monumenti a ricordo dei Fanti
MONUMENTO ALLA III ARMATA
Nella piazza della Cattedrale di San Giusto trova posto l’Ara della 3^ Armata, inaugurata nel 1929 dallo stesso suo comandante, il Duca d’Aosta Emanuele Filiberto.
Il Colle di San Giusto negli anni successivi alla Grande Guerra divenne il luogo per eccellenza delle commemorazioni. Per un certo periodo di tempo proprio la Cattedrale ospitò la salma di Enrico Toti e con gli anni crebbe il numero di lapidi e monumenti. Il 3 novembre 1929, il Duca d’Aosta vi inaugurò l’Ara della III Armata, opera di Carlo Polli. La mole quadrangolare dell’Ara sorge su un piedistallo di pietra grigia e sui suoi riquadri di pietra bianca sono riprodotte due panoplie fatte di mitragliatrici e fucili insieme a due scudi. Sui quattro lati del monumento è riprodotta l’epigrafe: “La vittoriose armi qui consacrò la III Armata al comando di Emanuele Filiberto di Savoia”. In fine, il 1° settembre 1935, alla presenza del re Vittorio Emanuele III, fu inaugurato l’imponente Monumento ai Caduti della Grande Guerra di Attilio Selva. Esso rappresenta tre guerrieri che sostengono un loro compagno caduto, protetti da una quarta figura; alte più di cinque metri, le statue, dalle forme classicheggianti, si erigono su di un basamento in pietra bianca d’Istria, progettata dall’architetto Enrico Del Nebbio. .
L’opera è stata realizzata in pietra bianca dall’architetto Carlo Polli e sorge su un piedistallo. Sono riportate diverse scritte, dall’epigrafe “Le vittoriose armi qui consacrò la III Armata al comando di Emanuele Filiberto di Savoia” sui quattro lati, all’incisione di “Isonzo” e “Piave”, i due fiumi simbolo della Grande Guerra dove operò l’Armata. Sui riquadri dell’ara invece sono raffigurati, con stile classico, fucili, mitragliatrici e due scudi.
MONUMENTO AI “LUPI” DELLA BRIGATA TOSCANA E AL MAGGIORE GIOVANNI RANDACCIO
San Giovanni di Duino | Duino Aurisina
In questa offensiva, un ruolo importante ebbe la Brigata Toscana, composta dal 77° e 78° Reggimento fanteria, che conquistò il Monte Veliki e il Dosso Fàiti.
Alla conquista del Dosso Fàiti il 3 novembre del 1916 (data che segnerà in seguito la festa di Corpo del 78° Reggimento) fu presente anche Gabriele D’Annunzio che per l’occasione dedicò i seguenti versi ai fanti vittoriosi:
“Sicchè il nemico sbigottito
ne chiamò Lupi
gli implacabili fanti!”
Per questo glorioso fatto d’armi, la Brigata Toscana (e i 2 reggimenti che ne facevano parte) assunse la denominazione Lupi di Toscana, una delle unità più prestigiose della storia dell’Esercito italiano.
A ricordarci questi eventi e questi reparti sono i due monumenti collocati alla base e sulla sommità del roccione carsico – il cosiddetto «roccione di Randaccio» – che domina la strada statale e alla base del quale, nel 1930 l’architetto triestino Arduino Berlam vi aveva fatto incidere i versi dell’Eneide in cui viene citato il Timavo. Il primo di essi è il monumento ai «Lupi di Toscana», soprannome della brigata Toscana, 77° e 78° rgt. Fanteria, che nel 1916 si era reso protagonista della conquista di monte Sabotino. Esso si erge a poca distanza dal Monte Hermada, punto più meridionale del fronte carsico raggiunto dalle truppe italiane durante la Prima guerra mondiale.
Qui la brigata Toscana era giunta nella primavera del 1917 per sostenere la brigata Trapani impegnata nella Decima battaglia dell’Isonzo.
Un primo monumento Ai Lupi di Toscana , realizzato dal prof. Borgiani dell’accademia di Brera, era stato eretto nel 1938. Nel maggio del 1945 il monumento venne distrutto. Secondo alcuni, fu distrutto dai tedeschi nel 1944.
Successivamente, per iniziativa dell’Associazione Lupi di Toscana di Brescia, un nuovo gruppo bronzeo venne fuso nella città lombarda a opera dello scultore Righetti: un lupo ulula al branco, mentre l’altro si abbassa in agguato per tenere a bada i nemici.
L’inaugurazione di questa nuova opera avvenne il 3 novembre 1951, quando la questione di Trieste era ancora largamente aperta, durante una solenne cerimonia, occasione per sottolineare i legami sussistenti tra la città giuliana e l’Italia, consacrati dai sacrifici compiuti durante la Grande guerra. Nella stessa occasione, fu restaurata e riconsacrata l’antica chiesa dedicata a San Giovanni Battista che per cinque secoli aveva conservato reliquie del Battista e che era andata distrutta durante il primo conflitto mondiale.
Ma anche il nuovo monumento non ebbe vita facile. Nella notte tra il 26 ed il 27 ottobre 1963, in seguito ad un fallito tentativo di furto il monumento fu fatto precipitare nella strada sottostante; restaurato, fu posto nuovamente in sede il 19 gennaio 1964. In seguito, il monumento fu dipinto di vernice bianca e rossa; ed ancora, nel 1973 fu nuovamente oggetto di furto. Uno dei due lupi di bronzo, segato via dal piedistallo, fu asportato, asseritamente da dei ladri di bronzo. Tuttavia i Carabinieri riuscirono a recuperarlo in breve tempo.
A lato della rupe, si trova il cippo dedicato al Maggiore Giovanni Randaccio, comandante del 2° battaglione del 77° rgt. fanteria, caduto in un sito prossimo a San Giovanni di Duino – quota 28, recentemente individuato da alcuni ricercatori – il 28 maggio 1917, durante la Decima battaglia dell’Isonzo. Gabriele D’Annunzio, che era stato con Randaccio e con i Lupi di Toscana sul Veliki e il Faiti, partecipò e ideò l’azione finalizzata al passaggio del Timavo e all’occupazione di quota 28: l’intento era quello di raggiungere il castello di Duino per issarvi un tricolore che si sarebbe potuto vedere da Trieste. Con la sua colonna, il trentatreenne maggiore Randaccio raggiunse la quota, ma fu colpito in seguito a un contrattacco nemico.
Intanto si consumava la tragedia dei fanti del 149° rgt. della brigata Trapani che, presi dal panico, si arresero o cercavano di retrocedere.
Si narra che D’Annunzio posò quindi la testa del comandante Randaccio, riportato ancora ferito tra le linee italiane, sulla bandiera tricolore in seguito utilizzata come simbolo nel corso della spedizione di Fiume. Il cimelio è oggi conservato al Vittoriale di Gardone mentre Giovanni Randaccio, inizialmente inumato nel cimitero di Monfalcone, riposa nel Cimitero degli Eroi di Aquileia.
Il piccolo monumento invece era stato originariamente collocato nel punto in cui era caduto Randaccio. Sulla destra della strada, per chi provenga da Trieste, si trova invece l’Ara ricordo della III armata, posta all’inizio della strada del Vallone che avrebbe dovuto diventare una «via sacra» destinata ad unire questo luogo alla città di Gorizia. «Rispettate il campo della gloria e dell’onore» è l’ammonizione che si legge sul monumento realizzato dal Corpo automobilistico dell’esercito.
CIPPO 65° FANTERIA BRIGATA VALTELLINA
LOCALITA’ GALLERIA DI LOKAVAC | San Giovanni di Duino | Duino Aurisina
Lungo la tratta ferroviaria tra Monfalcone e Trieste si incontrano diverse gallerie, una di queste è stata teatro di una delle maggiori tragedie della prima guerra mondiale.
Dobbiamo andare al settembre 1917: si è conclusa da pochi giorni dall’undicesima “Battaglia dell’Isonzo” l’ultima delle battaglie che nell’arco di due anni, a prezzo di alcune centinaia di migliaia di caduti, aveva fatto guadagnare agli Italiani una manciata di chilometri, tanto che il fronte, partito due anni prima da Grado, era adesso arrivato appena ai contrafforti dell’Hermada.
E la battaglia si riaccende sul fronte nel settore di Flondar, con gli austro-ungarici che scatenano nella notte tra il 3 e 4 settembre un infernale bombardamento d’artiglieria. Il nemico lancia un poderoso attacco particolarmente violento contro un tratto di fronte lungo le paludi del Lisert, da quota 145 sud fino al al mare, linea coperta dal 65° Fanteria.
Il Reggimento di fanteria della Brigata Valtellina ha appena occupato quelle posizioni, al termine di pochi giorni di riposo trascorsi a Vermegliano.
Il reparto viene sopraffatto e quasi distrutto, gli uomini si proteggono in un rifugio sicuro ed invulnerabile: uno dei due tunnel ferroviari, ricordato nel diario del Reggimento come “galleria di Lokavac”, che in precedenza gli austro-ungarici avevano sapientemente adattato.
Alle 4:50 del mattino cessa il fuoco pesante d’artiglieria, ma anziché scatenare subito l’attacco, l’artiglieria austro-ungarica continua a bombardare le trincee delle prime linee; e quindi i soldati italiani se ne restano al sicuro nella galleria.
Alle 5:40 cessa il bombardamento, ed immediatamente le unità austro-ungariche avanzano verso le linee italiane. Un reparto austriaco arriva fino all’imbocco del tunnel e lancia delle bombe a mano.
Le casse di munizioni che erano state depositate proprio in prossimità dell’ingresso: esplodono, e coinvolgono nell’esplosione dei serbatoi di lanciafiamme custoditi a fianco. Nell’arco di pochissimo tempo si sviluppa un incendio furioso ed incontrollabile: il fumo invade tutto il tunnel, asfissiando gli occupanti, e solo pochissimi riescono a mettersi in salvo. L’incendio prosegue per ben due giorni, consumando e calcinando tutto all’interno.
I diari ufficiali lamentano per il giorno 4 settembre 1917 la perdita di 2900 uomini e 80 ufficiali, la maggior parte dei quali all’interno del rifugio; una la lapide che li commemora ricorda che caddero “centinaia” di fanti assieme al loro comandante, il colonnello Giovanni Piovano. Tra le scritte incise è possibile leggere questa triste frase:
“QUI’ IL 65° REGGIMENTO PERDETTE IL 70 PER CENTO DEI SVOI FANTI”.
Il monumento è situato sopra un osservatorio blindato italiano, collegato con pozzi e caverne al caposaldo difensivo ricavato all’interno della Galleria di Lokavac. La piattaforma del bunker fa da piazzola rialzata.
Un gradino in calcestruzzo sostiene i due blocchi sovrapposti in pietra d’Aurisina del cippo. Il primo, con cornice svasata, fa da basamento, l’altro è quello principale, suddiviso in tre fasce. La più bassa è decorata da quattro scudi ed altrettanti gladi rivolti verso l’alto, alternati, in bassorilievo; questi ultimi sono posti negli angoli, gli altri sulle facce. Parte di questi è scalpellata.
La parte centrale reca incise le iscrizioni più importanti, mentre quella superiore termina a forma semicircolare, evidenziando anno d’inaugurazione e fascio littorio, quest’ultimo anch’esso cancellato.
Son ben visibili i danni subiti dal manufatto durante la seconda guerra mondiale, tra i quali scalpellamenti e colpi d’arma da fuoco.
Poco distante è eretta un’altra stele commemorativa, precedente a questa, e resa ormai completamente illeggibile dal tempo.
MONUMENTO ALLA III ARMATA
San Giovanni di Duino | Duino Aurisina
L’Ara ricordo della III Armata è posta all’inizio della strada del Vallone che avrebbe dovuto diventare una «via sacra» destinata ad unire questo luogo alla città di Gorizia. «Rispettate il campo della gloria e dell’onore» è l’ammonizione che si legge sul monumento realizzato dal Corpo automobilistico dell’esercito. Situato nelle vicinanze alla chiesa di San Giovanni Battista, unico monumento rimasto del grandioso progetto che doveva valorizzare questa importante strada, luogo di feroci battaglie durante la Prima Guerra Mondiale.
La Via sacra da Gorizia a san Giovanni di Duino
Durante la Prima Guerra Mondiale tanti soldati provenienti da tutto il territorio italiano, ed anche austro-ungarici morirono combattendo in queste zone e vennero sepolti negli allora provvisori cimiteri di guerra disseminati sulle alture dal Carso e nelle pianure sino al mare Adriatico.
Negli anni ’30 le salme di soldati, sia quelli identificati che quelli ignoti vennero riesumate e riunite in grandi Monumenti Ossari a futura memoria del loro sacrificio ed eroismo. Erano stati costruiti nel 1938 a tale scopo il sacrario di Oslavia, presso Gorizia dall’arch. Ghino Venturi con i suoi oltre 57.000 caduti e il sacrario di Redipuglia nel Comune di Fogliano Redipuglia (Gorizia), opera dell’arch. Giovanni Greppi e dello scultore Giannino Castiglioni con i suoi 100.000 Caduti.
Per volere di Amedeo Duca D’Aosta, che fu dal 1933 al 1937 comandante del quarto Stormo di stanza all’aeroporto, si progettò di unire questi luoghi con un percorso alberato di cipressi piantumati ai lati di tutta la strada statale detta del Vallone in quanto corre lungo il cosiddetto Vallone di Gorizia che è un’ampia frattura del compatto altipiano del Carso che inizia a Monfalcone, nella zona del Lisert e termina nel comune di Savogna d’Isonzo, a sud di Gorizia.
Il percorso lungo 19 km partiva dall’aeroporto civile di Gorizia, ex militare, realizzato nel 1912, detto ora Duca Amedeo d’Aosta e gestito dalla Società Consortile P.A. Nel 1962 venne posizionata nell’aeroporto una grande statua dell’aviatore.
Negli anni Trenta vennero piantumati in filare ad una distanza di 4-5 mt l’uno, dei cipressi ai lati della strada partendo dall’aeroporto, escludendo quei punti in cui era impossibile piantarli causa il terreno in declivio.
Il viale si concludeva al Monumento ricordo della Terza Armata in prossimità di Duino-Aurisina. Lo scopo era di realizzare una “via Sacra” per collegare i vari cimiteri di guerra con il neo costruito monumento di Redipuglia.
Nel 1938 venne inaugurata a tale scopo da Mussolini durante una sua visita nell’Isontino che percorse in macchina tutto il tragitto. Con gli anni questo viale Sacro ha perso molti dei suoi cipressi e non si è fatto abbastanza per sostituirli.
PARCO DELLA RIMEMBRANZA
Colle di San Giusto | Trieste
Sul Colle trovano collocazione moltissime pietre commemorative dedicate ai nostri Fanti, molti dei quali sono decorati.
Fu il 26 maggio 1926 , nell’undicesimo anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia, che il Comune di Trieste inaugurò, l’area scelta alle pendici del Colle di San Giusto, piantando centosessanta alberi a ricordo di altrettanti caduti irredenti.
Come detto nei 26 settori sono state collocate sul prato tra gli alberi pietre carsiche in memorai dei singoli caduti triestini e giuliani, come pure cippi con più nomi e monumenti riservati a determinate Armi o fatti d’arme.
I campi dal 16 al 26 sono dedicati alla Prima Guerra Mondiale , mentre altri onorano e ricordano caduti in altre guerre del Novecento e alla Seconda Guerra Mondiale.
L’area successivamente venne “urbanizzata” con numerosi vialetti pedonali, dalla via Capitolina per l’accesso al Colle di San Giusto , nel 1935 venne eretto l’imponente monumento Ai Caduti realizzato dallo scultore Attilio Selva.
